ANNO XII - &MAGAZINE - 

Fattura elettronica: un nuovo business

Fattura elettronica: un nuovo business

Fatturazione elettronica: molte difficoltà, ma esplode un nuovo business..

L’obbligo della fatturazione elettronica tra i privati titolari di Partita IVA, subentrato dal 1° gennaio 2019,  è il nuovo “salto a ostacoli” per le imprese italiane,  soprattutto per le piccole.

L’adeguamento al recente obbligo normativo, infatti, comporta costi per aggiornamenti tecnologici e un impegno di tempo che, per molte micro imprese, è complesso anche dal punto di vista della necessaria formazione tecnica  di base.   

Il sito che raccoglie le fatture elettroniche è spesso offline e questo complica ulteriormente le cose.

Inoltre, l’Associazione Nazionale dei Commercialisti ha sottolineato più volte il rischio elevato di violazione della privacy di milioni di imprese e professionisti, al punto da presentare un ricorso urgente (poi respinto) contro l’Agenzia delle Entrate. Il Garante della Privacy ha comunque richiesto importanti modifiche all’Agenzia delle Entrate, soprattutto in merito alla conservazione dell’immensa mole di dati  -non prettamente fiscali, come ad esempio la descrizione dei beni o servizi oggetto delle fatture- che transiterà tramite il SdI (Sistema di Interscambio).

Come dichiarato in un’intervista rilasciata ad Informazione Fiscale dal Presidente dell’Associazione Nazionale Commercialisti Marco Cuchel, la fatturazione elettronica rappresenta ad oggi un danno concreto per imprese e professionisti.

L’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica tra privati rappresenta un cambiamento epocale per le imprese italiane. Si tratta, infatti, di un adempimento obbligatorio soltanto in Italia. In altri Paesi, dove esista, è stata introdotta come facoltativa, con benefici premianti.

Dal prossimo 28 febbraio, inoltre, occorrerà inviare all’Agenzia delle Entrate tutte le fatture emesse e ricevute –non elettroniche ovviamente, non essendoci obbligo in tal senso  fuori dai nostri italici confini- che riguardano rapporti con soggetti esteri. L’assurdità nell’assurdo di richiedere di trasformare di fatto un traffico cartaceo in una notizia immediata al fisco, è che la cadenza imposta è mensile anche quando il regime dell’impresa dovesse essere trimestrale. Francamente non comprendiamo questa ossessione di pretendere i dati così in fretta; se un soggetto è trimestrale dovrebbe avere il diritto di inviare i dati trimestralmente, ossia quando chiude l’Iva periodica. Questa fretta immotivata, peraltro, non porta alcuna benefica riduzione di adempimenti né di costi; una vera e propria ossessione di avere tutto e subito, senza un fondato motivo.

Le difficoltà per le imprese sono anche dovute a problemi infrastrutturali. In molte zone d’Italia manca la banda larga. Senza internet non è possibile ovviamente emettere né ricevere fatture elettroniche e, spesso, le micro imprese non sono strutturate tecnologicamente per far fronte ad un obbligo che non può più essere delegato. Fino ad ora, infatti, la digitalizzazione è avvenuta grazie ai commercialisti e agli intermediari in genere, ai quali è stato delegato l’invio delle dichiarazioni telematiche. Il fatto che la fatturazione elettronica non possa essere delegata comporta inevitabili difficoltà  per le micro imprese, che dovranno faticosamente diventare autonome.

Solo problemi, dunque? A dire il vero, qualche impresa ha, invece, beneficiato notevolmente della discussa novità normativa: le case produttrici di software sono le uniche avvantaggiate, per il momento, dall’incremento di business derivante dalla fatturazione elettronica. Un business letteralmente esploso, visti anche i disservizi del sito dell’Agenzia delle Entrate, tanto che spesso non riescono a gestirlo perfettamente.

Questo è un ulteriore problema per le imprese: la scelta del software da utilizzare. L’ANC ha presentato una denuncia all’Antitrust riguardo ad una sorta di cartello che si sarebbe creato tra le case produttrici di programmi gestionali, che ha visto applicare prezzi ben maggiori rispetto alla sostanza delle procedure e, in molti casi, con limitazioni d’uso.

Per i commercialisti, infine, si profila il rischio che alcune software house possano avere interesse a sviluppare una sorta di consulenza fiscale e tributaria diretta, utilizzando i dati trasmessi dai propri clienti.

 


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