E’ la notizia del giorno: BlackRock, il più grande asset manager al mondo, non parteciperà al salvataggio di Carige.
Contrariamente a quanto sembrava pochi giorni fa, il fondo americano si è tirato indietro. Lo si è appreso stamattina da una nota dei commissari Pietro Modiano, Fabio Innocenzi e Raffaele Lerner, con cui si spiegava che “al termine di un’articolata fase preparatoria nell’ambito della quale si inquadra la delibera del consiglio di gestione dello Schema volontario di lunedì, il fondo BlackRock ha ritenuto di non dare ulteriore corso alla sua iniziale manifestazione di interesse”. Ai sindacati, hanno poi ribadito che “proseguono le valutazioni riguardanti ulteriori soluzioni di mercato finalizzate ad assicurare stabilità e rilancio di Banca Carige”.
Non si conoscono le motivazioni che hanno portato alla rinuncia da parte di BlackRock.
E adesso, che accadrà? Da mesi assistiamo a un balletto di dichiarazioni per il salvataggio privato della banca ligure; oggi questo appare assai difficile. Le nubi di un probabile salvataggio di stato, modello MPS, incombono minacciose. Del resto, questo prevedeva il decreto su Carige (II titolo del DL 8 gennaio 2019), oggi citato da più fonti, che consente l’eventuale avvio dell’iter per la richiesta di ricapitalizzazione precauzionale al Ministro dell’Economia, autorizzato a sottoscrivere azioni di Carige fino a 1miliardo di euro.
L’alternativa è, come fu per le banche venete, la liquidazione coatta amministrativa. In entrambi i casi, comunque, non dovrebbero esserci conseguenze per i correntisti né per gli obbligazionisti subordinati, dato che non ci sono più bond di Carige in circolazione.
L’unica cosa certa, al momento, è che gli oltre 300 milioni di euro messi in Carige dal Fondo Interbancario di tutela dei depositi (Fidt), sotto forma di obbligazione subordinata, sono praticamente carta straccia. Chi pagherà questo danno? I clienti delle banche che hanno messo quei soldi, ovviamente, perché, per recuperare le perdite, gli istituti bancari sicuramente alzeranno i costi di commissioni e servizi. Un costume diffuso in Italia, insieme a quello del salvataggio pubblico di aziende decotte, siano Alitalia, MPS, Carige, o chi per esse.
Non dimentichiamo, però, che siamo in piena campagna elettorale per le prossime europee e questo ulteriore, quasi certo, inevitabile utilizzo di risorse di Stato per salvare una banca, diverrà oggetto delle solite strumentalizzazioni di parte. Tanto, pagano sempre gli stessi: i contribuenti.
A cura di: Studio Spinapolice & Partners