Ogni anno, in occasione delle celebrazioni per la “giornata della memoria” , mi chiedo come sia stato possibile l’olocausto, come sia potuto accadere che qualche milione di “diversi” (ebrei, ma anche disabili, omosessuali, slavi, gitani, portatori di handicap, ecc.) sia divenuto vittima di un genocidio messo a sistema, una delle pagine più orribili e disumane della nostra storia recente.
Tutti gli altri vergognosi stermini di massa che hanno macchiato la storia dell’Umanità sono avvenuti per motivi di strategia politica, nel tentativo di eliminare fisicamente le categorie dell’opposizione a un regime, ad esempio, o per occupare un territorio.
La tragica unicità del genocidio degli ebrei sta nel fatto di aver pianificato, facendo leva su un diffuso antisemitismo secolare (le cui ragioni non staremo qui ad approfondire), un metodo scientificamente criminale, che non ha precedenti nella storia, per il trionfo di una presunta razza perfetta, grazie all’annientamento fisico e morale di tutti coloro che a quei canoni di perfezione non rispondono e, pertanto, sono da ritenersi inferiori ed indesiderabili.
L’aspetto, però, sul quale desidero qui riflettere è la causa della disumanizzazione di massa che ha reso possibile sia la Shoah (che in lingua ebraica significa catastrofe, distruzione), sia altri orrori sistematici, come le purghe staliniane, le foibe e l’esodo giuliano-dalmata,la distruzione della classe borghese da parte di Mao e Pol Pot, i desaparesidos e le vittime dei regimi sudamericani, e tanti altri atroci avvenimenti simili della storia del secolo scorso, quello sicuramente più sanguinario, che ha mietuto più vittime in assoluto di tutti i secoli che lo hanno preceduto.
Grazie ad un’agghiacciante strategia del terrore, che accomuna le varie ideologie moderne e va ben oltre l’enunciazione delle stesse, è stato possibile piegare milioni di persone all’annientamento delle coscienze, alla privazione dei diritti umani e alla morte come fatto di routine. Una spaventosa macchina del male, i cui ingranaggi sono sia le vittime che i carnefici, perché resi incapaci di ragionare individualmente sul bene e sul male.
Danilo Kis, grande scrittore nato nel 1935 nell’allora Regno di Jugoslavia, e il cui padre, ebreo, è morto ad Auschwitz , scrisse una delle riflessioni più interessanti nonché monito sul nazionalismo, definendolo fratello ideologico del razzismo e della xenofobia come “paranoia collettiva causata dalla perdita di coscienza individuale”, una triste filosofia dei perdenti.
Cosa c’è alla base di tutti questi spaventosi crimini di massa? Cosa ha potuto spingere l’Uomo ad uccidere l’Uomo attraverso un conformismo obbediente a leggi aberranti, emanate da regimi totalitari, contrarie al senso di giustizia e morale universali?
La privazione della Libertà, l’annichilimento totale della personalità, l’aver rinunciato alla propria coscienza critica, al proprio diritto di essere prima di tutto Individuo, sull’altare della nuova moderna divinità laica: lo statalismo (declinato in tutte le sue possibili forme), che ha prodotto la collettivizzazione della responsabilità e, di conseguenza la deresponsabilizzazione individuale.
La memoria, dunque, nel ricordo e nel rispetto per i milioni di vittime, non sia spunto di strumentalizzazioni varie, ma occasione per una riflessione profonda sull’unica speranza per un futuro migliore: la riscoperta del valore dell’Individuo e dell’unico vero, fondamentale diritto dell’Uomo: la Libertà.
La memoria, infine, perché, come è scritto sul monumento di Dachau “Chi non ricorda il passato è destinato a riviverlo”.
A cura di: Studio Spinapolice & Partners