La società araba è apparentemente sessuofoba, con gli uomini pronti a giudicare negativamente anche le più innocenti libertà delle donne, quegli stessi uomini che poi, nel loro privato risultano essere ossessionati dal sesso, malati, se solo si pensa che risultano essere i maggiori consumatori di siti pornografici.
Questa mentalità e il mondo che riproduce emerge con grande forza nel libro, edito da Rizzoli, “I racconti del sesso e della menzogna” della giovane scrittrice marocchina Leila Slimani, vincitrice nel 2016 dell’importante premio Goncourt con il romanzo “Ninna Nanna”.
Il titolo può apparire fuorviante. Lascia, infatti, pensare a una raccolta di racconti letterari, di pura narrativa, mentre invece sono i racconti degli incontri che la scrittrice ha avuto con diverse donne marocchine in occasione delle varie presentazioni del suo romanzo d’esordio “Nel giardino dell’orco”, un romanzo coraggioso che racconta la storia di Adele, una donna che descrive i suoi rapporti sessuali in maniera fredda, anaffettiva, malata, se volete, che si muove in un mondo ipocrita dove la donna è sottomessa alle “esigenze” degli uomini. Tanto da dimenticare sé stessa. Pur nella analitica descrizione dei coiti non c’è nulla di erotico. Un romanzo d’esordio che fece scalpore.
Ebbene, proprio i temi trattati da Leila Slimani in quel romanzo, hanno dato il coraggio a molte giovani donne arabe e marocchine in particolare di trovare nella scrittrice qualcuno a cui confessare, sapendo di trovare comprensione, la propria condizione sessuale, ciascuna portatrice di esperienze traumatiche che hanno condizionato e continuano a condizionare la loro vita. Qui la penna della scrittrice si trasforma in quella della giornalista, ché tale anche è Leila Slimani, che dà agli incontri il taglio del report partendo dai diversi dati personali. Le donne sono per età e professione le più diverse: la studentessa, la prostituta, la dottoressa, l’attivista politica, una poliziotta e così via attraverso la cui voce passa uno spaccato sicuramente del rapporto uomo donna nei paesi arabi, ma in cui anche noi italiani di entrambi i sessi ci possiamo riconoscere. Anzi, forse la loro realtà può servire da cartina di tornasole della nostra dove ci crediamo più moderni e disinibiti, ma che ogni giorno viene sconfessata da fatti di cronaca o testimonianze personali e dirette da parte di ciascuno di noi, in famiglia, sul posto di lavoro, nei social.
Ho detto taglio giornalistico o d’inchiesta del libro, ma sarebbe limitante fermarsi a questa definizione. Da questi racconti infatti c’è un forte dato emotivo che emerge e che dà ad essi una loro peculiarità, una intensità attraverso la quale traspare tutta la sofferenza della donna, di quelle che si sono presentate a Leila per fare della loro confessione anche un segno di protesta. Ma vi traspare anche la sofferenza della scrittrice stessa la quale sottolinea nella prefazione che, tra le tante, per la sua galleria ha scelto quelle le cui storie “Mi hanno sconvolto, commosso, che mi hanno infastidito e a volte indignato”.
Il risultato è un libro carico di pathos, che è rimasto tale mai venendo meno a informazioni sul mondo, la vita, le leggi arabe, con incursioni nella letteratura, citazioni di altre scrittrici che hanno affrontato l’argomento, l’esempio di altre donne, oltre che del proprio, in particolare i conflitti ad esempio di Leila col padre e per la cieca sudditanza della madre ad assurdi diktat gabbati di ordine morale o religioso o semplicemente sociale. Leila racconta la sua impossibilità, con la scelta della propria indipendenza dalla famiglia, di trovare un appartamento in affitto come single e altri aspetti di vita quotidiana, il tutto attraverso una scrittura rapida, efficace, essenziale che, mescolandosi al racconto delle donne, danno il succo a ogni incontro. Sesso clandestino, rubato, consumato in posti talvolta squallidi e abbandonati se solo fidanzati, che non si possono neppure baciare in pubblico; condanne a due anni di carcere soltanto per aver fatto sesso fuori dal matrimonio; stupri in famiglia e non con divieto di abortire anche se rimaste incinte; obbligo di illibatezza prima del matrimonio; il ricorso a soluzioni alternative; omosessualità perseguitata; i rimedi della masturbazione; la libertà celata delle confidenze tra donne anche con l’uso tra loro, nascosto, di un linguaggio crudo per reazione; e, insieme, ancora tanti altri aspetti così intimi e delicati che danno senso a quella parola del titolo, menzogna, che circonda certo i rapporti sessuali nel mondo arabo, ma anche il nostro.
A cura di: Studio Spinapolice & Partners