Per anni ci hanno detto che il sistema bancario italiano era in sicurezza, che si poteva stare tranquilli. Meno male…e se ci fosse stato da preoccuparsi? Cosa sarebbe successo?
Governanti vari, vigilanti e banchieri da un lato ci rassicuravano sullo stato di salute del malato immaginario , dall’altro facevano ben 12 salvataggi di istituti “sani” e il costo è stato di svariati miliardi di euro.
Basti pensare che gli ultimi 20, stanziati dal governo Gentiloni nel dicembre 2016 per MPS e Banche Venete non sono stati sufficienti, visto che MPS è di nuovo al centro di una bufera, dopo la richiesta della BCE di adeguare i suoi coefficienti patrimoniali rispetto all’ammontare dei prestiti. In realtà, la stessa richiesta è stata fatta a tutto il sistema bancario italiano, che rischia un ulteriore esborso di oltre 15 mld di euro.
Il tutto arriva subito dopo il salvataggio CARIGE e gli allarmi su Banca Popolare di Bari, che quasi certamente sarà la prossima moribonda sulla quale intervenire.
Questo nuovo fabbisogno di capitali andrà sicuramente a discapito di crediti ad imprese e famiglie.
Intanto, tutti i titoli bancari sono in forte cessione, trascinati dal crollo del MPS.
E il peggio, probabilmente, deve ancora arrivare, in un possibile rischio recessione per l’Italia.
Un comune denominatore tra tutte le crisi made in Italy è sicuramente che sono state spolpate da azionisti rilevanti e politici, mentre il conto, tra perdite per i piccoli risparmiatori, minori prestiti e maggiori costi di gestione dei conti correnti , lo pagheranno i soliti noti: tutti noi, comuni cittadini/contribuenti.
A cura di: Studio Spinapolice & Partners