ANNO XII - &MAGAZINE - 

Marsala, fa causa alla banca che le ha fatto perdere 50mila euro di investimento.

Il crack di Banca Nuova rischiava di travolgere anche l'investimento di una donna di Marsala.

Una sentenza a favore di una signora marsalese, identificata con le iniziali A.R., è stata emessa infatti dalla Sezione Civile speciale di Palermo, dedicata al contenzioso societario.

La vicenda ha origine dalla tragica scomparsa del figlio della donna in un incidente stradale nel 2009, avvenuto in contrada Spagnola. In seguito a questo doloroso evento, la signora aveva ottenuto un risarcimento. Decide quindi di affidare una parte di questa somma alla filiale della Banca Nuova di Marsala per investirla. Tuttavia, nel frattempo, l'istituto bancario va in bancarotta e subentra l'Intesa San Paolo, che propone un rimborso di circa 5.000 euro in cambio dei 55.000 euro precedentemente investiti. La signora rifiuta questa proposta e presenta ricorso presso il Tribunale di Palermo. Di fronte al giudice Andrea Illuminati, hanno ottenuto non solo il completo rimborso della somma investita per conto di A.R., ma anche il riconoscimento delle spese, rivalutate con gli interessi, per un totale di circa 70.000 euro.  

La vicenda della signora marsalese A.R. è solo uno dei tanti drammi legati al collasso di Banca Nuova, uno dei più gravi scandali bancari d'Italia.

Centinaia di risparmiatori, molti dei quali piccoli investitori e pensionati, hanno perso gran parte dei loro risparmi a causa di pratiche finanziarie discutibili e gestioni imprudenti all'interno della banca. Molti risparmiatori si sono visti restituire solo una frazione di quanto avevano investito, mentre altri hanno perso tutto.

Il caso della signora A.R., che ha ottenuto giustizia dalla Sezione Civile speciale di Palermo, è quindi un piccolo faro di speranza in un contesto segnato da ingiustizie finanziarie e disagio sociale. 

Fonte: TP24 del 24.09.2024 - link


Azienda segnalata alla centrale rischi ma era in regola. Banca condannata.

Il tribunale civile di Latina ha dato ragione ad una azienda pontina. La società chiederà adesso i danni.

Il Tribunale Ordinario di Latina, con Ordinanza della I Sezione Civile depositata il 15 settembre 2023, ha ordinato a un istituto bancario in via d'urgenza di cancellare la segnalazione a sofferenza presso la Centrale dei rischi della Banca d'Italia, illegittimamente trascritta ai danni di una società cliente che opera sul territorio Nazionale da decenni con affidabilità e serietà riconosciute da tutti.
In particolare, la banca, evidentemente indispettita dalle contestazioni della società sulla regolarità dei rapporti bancari, ben consapevole del danno di immagine che avrebbe prodotto nei confronti della società cliente e nonostante le diffide da questa ricevute, ha comunque provveduto a segnalare nelle banche dati creditizie i propri rapporti con la società, descrivendoli nella Centrale dei Rischi presso la Banca d'Italia come "crediti in sofferenza" nonostante fosse tenuta da normativa della stessa Banca d'Italia ad indicare la posizione come "credito contestato".
La società, ha allora reagito, investendo per la questione il Tribunale di Latina innanzi al quale aveva evidenziato non solo come l'istituto di credito non aveva tenuto in alcuna considerazione le contestazioni che erano state mosse, concretizzate prima nel procedimento di mediazione e poi in un vero e proprio giudizio innanzi al medesimo Tribunale, ma aveva del tutto pretermesso l'obbligatoria analisi della situazione patrimoniale della società istante.
Questa veniva considerata dalla Banca in difficoltà economica, quando invece – come emerso in tribunale – è a tutt'oggi solvente ed affidabile, tanto da non avere bisogno di affidamenti bancari e garanzie per poter lavorare, dopo avere affrontato e superato nel tempo tutte le difficoltà causate da avvenimenti extra-aziendali (crisi dei mutui subprime del 2008 con il fallimento della Lehman Brothers, fallimenti a catena nel settore delle costruzioni, pandemia, iperinflazione causata dalla guerra in Ucraina), e da avere le spalle larghe per poter combattere le propria battaglia legale.
Unica sua pecca, se così si può dire, è quella di saper fare bene i propri conti, e quando questi non tornano, chiederne la regolarizzazione. L'azienda che ha vinto nel giudizio enel merito commenta: «Come spesso purtroppo accade, le banche, trovandosi in difetto dopo aver tenuto una condotta non corretta, tentano di attaccare per non difendersi, utilizzando come una vera e propria clava e arma di ricatto gli strumenti pur leciti di segnalazione nelle centrali rischi nei confronti dei clienti "ribelli" i quali, spesso nel giusto, osano comunque chiedere conto, cercando di farli desistere dalle proprie legittime azioni di tutela legale. Per questo la società porterà avanti le proprie azioni legali già intraprese per il recupero di quanto dovuto e per chiedere conto ad Intesa San Paolo anche dei danni causati dalla errata ed improvvida segnalazione».

Fonte:  Latina Oggi del 23.09.2023 - Link


Jesolo, Banca condannata a risarcire il correntista

A seguito di un lungo Giudizio svoltosi presso il Tribunale di Venezia un risparmiatore Jesolano ha ottenuto una sentenza di condanna contro la propria Banca che gli aveva proposto di investire i propri risparmi in obbligazioni subordinate senza dichiararle tali.

Il Tribunale di Venezia, Giudice: Tania Vettore, a seguito di un contenzioso iniziato nel 2021, nella giornata di ieri ha condannato l’istituto di credito a risarcire il risparmiatore per la violazione dei doveri informativi ad un importo di oltre 11 mila euro più interessi, rivalutazione e spese legali.

La sentenza è importante perché il Tribunale veneziano nel confermare l’orientamento maggioritario in materia di violazione di doveri informativi in capo alla Banca, ha riassunto i principi cardine che vanno applicati nelle controversie di intermediazione finanziaria tra Risparmiatore/Banca. Ha, quindi, rilevato che la responsabilità per la violazione dei doveri informativi è contrattuale, quindi con termine di prescrizione decennale, ha ricordato che l’onere della prova di aver informato adeguatamente il risparmiatore delle caratteristiche del prodotto è in capo alla banca e nello specifico ha evidenziato che la Banca non aveva per nulla informato del rischio al quale sarebbe incorso il risparmiatore comperando obbligazioni subordinate, anzi negli ordini di acquisto le aveva qualificate come ordinarie.

Il Tribunale Veneziano ha quindi così statuito: “ai fini della valutazione della completezza dell’informazione reso al cliente dalla banca, non rileva che le obbligazioni subordinate rientrino effettivamente tra quelle “ordinarie”, ma che nessuna indicazione sia stata data sul fatto che, in caso di particolari difficoltà finanziarie dell’emittente, il rimborso sarebbe stato subordinato dalla soddisfazione degli altri creditori non subordinati o subordinati di grado inferiore”.

Il Tribunale rilevava che, anche a voler considerare il correntista quale investitore esperto, permaneva la necessità di fornire al cliente un’informazione completa ed esaustiva e tale circostanza non può costituire assolvimento dell’onere della prova previsto in capo alla banca dall’art. 23 co. 6 TUF.

“L’inadeguatezza delle informazioni ricevute dalla Banca in relazione agli ordini di acquisto di obbligazioni subordinate contestate appare inquadrabile nell’ambito della responsabilità contrattuale da inadempimento alle obbligazioni che la banca è tenuta ex lege nei confronti del cliente nella prestazione dei ser-vizi di investimento e accessori (ex art. 21 co. 1 TUF) – precisano i due legali –. Infatti, sia l’art. 21 TUF che l’art. 28 reg. Consob n. 11522 del 1998 impongono all’intermediario di offrire la piena informazione attiva circa la natura, i rendimenti ed ogni altra caratteristica del titolo, non potendosi affatto presumere che l’investitore debba necessariamente cogliere tutte le implicazioni di un dato investimento, solo perché in passato abbia già acquistato azioni o altri titoli, sebbene a rischio elevato.

Tale carenza informativa integra un’ipotesi di inadempimento contrattuale idoneo a costituire titolo fondante il diritto al risarcimento del danno ex art. 1218 c.c. sicché il Tribunale ha ritenuto che la relativa domanda di parte attrice può trovare accoglimento in tal senso”.

Fonte: VOI del 21.09.2023 - Link


Trading online, maxi truffa da 5 milioni di euro: centinaia nella rete, 54 denunciati

La guardia di finanza di Venezia ha disarticolato un sodalizio criminale, con radici nell'est Europa, a cui sono contestati i reati di truffa aggravata, abusiva raccolta del risparmio e riciclaggio.

Truffa aggravata, abusiva raccolta del risparmio e prestazione di servizi di pagamento, riciclaggio. Sono i reati contestati dalla guardia di finanza di Venezia a un sodalizio criminale, ramificato soprattutto nell'Europa dell'est, operante nel settore del Forex (Foreign Exchange), il mercato valutario internazionale non regolamentato. Al termine degli accertamenti, il nucleo di polizia economico finanziaria lagunare, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Pordenone, ha denunciato 54 persone di nazionalità ucraina, serba, ceca, ungherese, russa e israeliana, che attraverso 14 società si serebbero rese responsabili di un meccanismo seriale a danno di cittadini italiani, perlopiù residenti nel Triveneto. Hanno presentato denuncia persone residenti in varie aree del Nordest: 6 della provincia di Venezia, 7 di Verona, 2 di Vicenza, 3 di Treviso, 2 di Padova e poi 7 di Udine, 3 di Pordenone, una di Bolzano e 3 di Trento. In ordine ai reati contestati, è stato richiesto anche il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di quasi cinque milioni e mezzo di euro, frutto dei raggiri.

Complessa struttura a "geometria variabile"

L'organizzazione criminale si serviva di piattaforme online create ad hoc (www.toptrade.fm, www.alphacapital.fm, www.globalfxm.com, www.novuscm.com, www.grandfxpro.com, www.dax-300.com), e aveva creato un struttura multi-societaria articolata a "geometria variabile", ossia costituita da più livelli operativi, ognuno dei quali deputato prevalentemente a uno specifico compito. Tale struttura prevedeva la sistematica apertura e chiusura di società e conti correnti, per evitare i controlli delle autorità competenti.

Il primo livello, costituito da call center situati nell’Europa centrale, era funzionale a contattare i potenziali investitori italiani e convincerli a inviare denaro ai codici iban delle società per investimenti che avrebbero garantito guadagni miracolosi, con l’unico scopo di carpirne i risparmi. Il secondo livello, a cui giungeva il denaro, era formato dalle aziende in questione, e provvedeva alla raccolta abusiva del risparmio dei truffati, senza avere le previste autorizzazioni governative, e disponendo poi i vari investimenti fittizi. Allettati dai primi facili guadagni, i truffati finivano per impegnare tutti i risparmi di una vita, letteralmente "bruciandoli" e scivolando in uno stato di prostrazione psicologica che li legava ancora di più ai truffatori, nella speranza di riprendersi dalle inevitabili perdite.

Il denaro, nel frattempo, veniva utilizzato anche per il saldo di fatture emesse da imprese comunitarie nei confronti di aziende ucraine e russe e dell’Europa orientale. Nel contempo, i proventi illeciti venivano diluiti e reinvestiti. I criminali ne cancellavano poi le tracce e li travasavano in ulteriori conti societari, fino a farli scomparire, per mezzo di professionisti titolari di società svizzere e dei Caraibi. Queste ultime società, il terzo livello del complesso sistema, facevano girare ulteriormente il denaro, e lo reindirizzavano poi al terminale criminale.

Le vittime identificate, allo stato attuale, sono 141 (ma il numero dei caduti nella rete è di molto superiore), residenti in tutto il territorio nazionale, 34 dei quali nel Triveneto. Secondo i militari delle fiamme gialle non si tratta di persone sprovvedute o con un basso grado di istruzione: sono in particolar modo liberi professionisti facoltosi, in quanto hanno avuto la possibilità di investire decine se non centinaia di migliaia di euro, spesso anche con pregressa esperienza di investimenti azionari.

Fonte: Venezia today del 16/09/2023 Link

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Broker in criptovalute da evitare

Bitcoin Pro è uno dei broker di cui si sta parlando con crescente insistenza nel corso degli ultimi anni e… non certo positivamente: molte persone online si domandano se sia una truffa oppure sia realmente in grado di far diventare ricco chiunque dia fiducia a questo operatore.

Considerato che siamo sempre alla ricerca della verità sugli investimenti finanziari online e sui pericoli cerchiamo di approfondire sui servizi Bitcoin Pro e sulle sue miracolose promesse.

Bitcoin Pro può permetterci realmente di diventare ricchi senza fare nulla e senza rischi? O le promesse di Bitcoin Pro celano qualcosa di poco chiaro o, addirittura, di losco?

Bitcoin Pro è una truffa?

Dovrebbero ben sapere, parliamo di truffa solo ed esclusivamente se c’è una sentenza in questo senso da parte dei giudici, non potendoci sostituire a un tribunale ci guardiamo bene dal dare un giudizio univoco.

Quanto sopra però non ci impedisce di ricordare in modo chiaro e netto che Bitcoin Pro non funziona e sconsigliamo pertanto tutti coloro i quali stanno pensando di provarlo, a farlo!

Naturalmente, questo non significa che Bitcoin Pro sia una truffa: ricordiamo ancora una volta che non spetta a noi comprendere se ci sia o meno una frode, e che chi ha esposto qualche segnalazione sul malfunzionamento di questo operatore dovrà attendere una pronuncia giudiziaria affinché Bitcoin Pro sia effettivamente etichettato come truffa.

Nell’attesa, consigliamo tutti i nostri lettori di stare alla larga da Bitcoin Pro e da tutti i sistemi che promettono miracoli come questo operatore: non esiste alcun segreto che possa permetterti di diventare ricco senza rischi e senza conoscenze!

Come guadagnare con Bitcoin

Purtroppo, strumenti come Bitcoin Pro hanno finito con il nuocere gravemente alla nomea di Bitcoin, sebbene Bitcoin Pro e Bitcoin non abbiano nulla in comune, tranne il fatto che il progetto di cui oggi parliamo ha utilizzato il nome della criptovaluta per cercare di acquisire un po’ di popolarità e illudere i malcapitati investitori a ritenere che questo operatore abbia qualcosa a che fare con la criptovaluta più importante del mondo.

Insomma, con Bitcoin si può guadagnare, ma il modo migliore per farlo non è certamente quello di andare dietro ai falsi auspici di un progetto come Bitcoin Pro, bensì utilizzare gli strumenti giusti e la necessaria consapevolezza per strutturare una strategia che possa tenere conto delle caratteristiche delle criptovalute e, in particolar modo, dei rischi che ne conseguono.

Se dunque vuoi investire con Bitcoin la prima cosa che devi fare è munirti di una piattaforma regolamentata e professionale che ti consenta di farlo con sicurezza.

Trova pertanto un operatore che sia riconosciuto dalla Consob, l’autorità di regolamentazione finanziaria in Italia, la quale prima di concedere la licenza a fornire servizi di investimento nel nostro Paese effettua una serie di controlli per assicurarsi che la società che si propone al mercato abbia tutti i requisiti di legge.

Come forse stai già immaginando a questo punto della nostra guida, Bitcoin Pro non è affatto autorizzata e non compare all’interno dell’albo tenuto da Consob.

Pertanto, investire con Bitcoin Pro significa non potersi assicurare quella sicurezza e quella serenità che sarebbero invece necessarie nel momento in cui si impiegano i propri fondi in asset finanziari.

Bitcoin Pro funziona o no?

Introdotto quanto sopra, torniamo al tema centrale del nostro approfondimento e cerchiamo di capire una volta per tutte se Bitcoin Pro funziona o no.

Purtroppo, le cose sono ben diverse da quelle che sembra guardando il video di Bitcoin Pro: non c’è alcuna garanzia di successo né alcun rendimento facile, sicuro e senza rischi.

Tutti i guadagni elevati che vengono promessi da questo operatore non sembrano essere veri e tutte le testimonianze dirette delle persone che hanno provato Bitcoin Pro sono a dir poco deludenti: non solo non hanno guadagnato nulla, ma hanno perso tutto ciò che hanno riposto in questo software che, invece, avrebbe dovuto miracolosamente moltiplicare i propri patrimoni.

Ma come dovrebbe funzionare Bitcoin Pro? E perché non sembra mantenere le promesse?

A dir la verità, del funzionamento promesso di Bitcoin Pro non si capisce molto. Il sito internet è abbastanza generico nell’affermare di essere in possesso di un software che può fare trading automatico di Bitcoin, ma non viene spiegato come esattamente ritiene di farci guadagnare così tanti soldi in così poco tempo.

L’impressione è, dunque, che dietro Bitcoin Pro possa celarsi ancora una volta un sistema inefficace, interessato solamente ad attirare il denaro degli utenti senza però offrire alcuna garanzia.

Bitcoin Pro Opinioni, recensioni e pareri

Su Bitcoin Pro non possiamo che confermare tutto il nostro scetticismo e, soprattutto, la totale assenza di elementi che possano confortare quanto abbiamo visto nei video e nei materiali promozionali.

Accedendo al sito ufficiale di Bitcoin Pro, che non riportiamo per evitare di indurre altre persone a cliccare su di esso, vediamo infatti la presenza di un filmato in cui molte persone affermano di essere diventate ricche con questo sistema.

Questo ottimismo contrasta però con la realtà dei fatti. Le testimonianze delle persone che hanno realmente provato Bitcoin Pro affermano di aver perso tutto il denaro investito e che nessuno è mai riuscito a guadagnare nulla.

A preoccupare sono anche le testimonianze positive su Bitcoin Pro pubblicate in alcuni siti pagati per fare pubblicità a questa piattaforma: quelle che abbiamo esaminato sono infatti fake, considerato che i volti che vengono usati per queste campagne pubblicitarie si trovano in tantissimi altri siti web e non sono riconducibili dunque a persone dalla reale identità.

Fonte: BORSAINSIDE Link

 


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