A cura di: Studio Spinapolice & Partners
I consumatori richiedono interventi urgenti
Le truffe online rappresentano una crescente minaccia per la reputazione di San Marino, con un impatto significativo non solo sui consumatori, ma anche sull’immagine del Paese come centro economico. Le tre principali Assoconsumatori sammarinesi hanno recentemente chiesto un incontro urgente con il nuovo Segretario per l’Industria, per discutere delle problematiche legate alla proliferazione di aziende che sfruttano il territorio per attività fraudolente.
Queste aziende, come denunciato dalle associazioni, pubblicizzano prodotti sui social media, per poi consegnare merce difforme o non corrispondente alle aspettative. I consumatori, in particolare residenti in Italia, incontrano enormi difficoltà nell’esercitare il diritto di recesso, nonostante la normativa imponga la trasparenza dei contatti aziendali. Le tre associazioni – Unione Consumatori Sammarinesi (Ucs), Asdico e Sportello Consumatori – hanno rilevato come molti di questi operatori si sottraggano agli obblighi di legge, rendendo irraggiungibili i propri recapiti telefonici.
Un'interpretazione normativa che favorisce le frodi
Un altro punto di criticità segnalato è legato alle vendite effettuate attraverso contatti telefonici. Queste transazioni, nonostante siano iniziate tramite canali online, vengono classificate come "televendite" e, pertanto, sottratte alle normative più stringenti che regolano le vendite digitali. "Un’interpretazione a nostro avviso inaccettabile", dichiarano le associazioni, "che permette ai truffatori di sfuggire alle proprie responsabilità legali".
Impatto sulle piattaforme digitali e reputazione di San Marino
Con l’alta penetrazione dei social media a San Marino, dove Facebook e Instagram contano decine di migliaia di utenti, il rischio di truffe digitali è aumentato esponenzialmente. Le aziende fraudolente sfruttano queste piattaforme per ingannare consumatori ignari, minando così la fiducia non solo nelle piattaforme stesse, ma anche nella capacità del Paese di contrastare queste pratiche. Questo ha alimentato la necessità di un quadro normativo più rigido e di controlli più severi.
Le pressioni internazionali sul sistema di regolamentazione di San Marino
San Marino è già sotto osservazione a livello internazionale per la sua regolamentazione finanziaria. Il Consiglio d’Europa, attraverso il suo organismo di controllo anti-riciclaggio MONEYVAL, ha elogiato i progressi del Paese nel combattere il riciclaggio di denaro, ma ha sollecitato ulteriori miglioramenti. In particolare, sono state richieste azioni più incisive per rafforzare le indagini sui crimini finanziari e aumentare le sanzioni per chi viene riconosciuto colpevole.
La Financial Action Task Force (FATF), che monitora i rischi finanziari a livello globale, ha raccomandato di aumentare la sorveglianza sulle transazioni sospette e di rafforzare le misure di compliance per prevenire l’abuso del sistema finanziario sammarinese. Questa situazione evidenzia come San Marino debba affrontare sfide non solo interne, ma anche legate alle pressioni esterne per mantenere il proprio sistema finanziario sicuro e affidabile.
La risposta delle istituzioni sammarinesi
Il neo Segretario per l’Industria è ora chiamato a rispondere alle preoccupazioni delle associazioni dei consumatori, che chiedono un intervento immediato per contrastare queste pratiche fraudolente. "Non possiamo più tollerare che sul nostro territorio operino realtà che minano la nostra reputazione", hanno dichiarato. La questione è ormai diventata una priorità, non solo per proteggere i consumatori, ma anche per tutelare l’immagine del Paese sul piano internazionale.
San Marino, con la sua lunga storia di neutralità e di economia fiorente, rischia di vedere la propria immagine offuscata da queste truffe, rendendo urgente una risposta decisa da parte delle autorità.
Nella sentenza n. 44378 del 22 novembre 2022, la seconda sezione penale della Corte di Cassazione ha ribadito un principio già espresso precedentemente nel 2020 (si veda la sentenza Cassazione n° 26807/2020): la vendita di criptovalute in Italia, presentata come un'opportunità di investimento, costituisce un'attività di offerta al pubblico, soggetta al controllo della Consob per la tutela degli investitori e alle relative norme del Testo Unico della Finanza (TUF).
La sentenza della Cassazione sottolinea come ove la vendita di criptovalute viene promossa come un'effettiva proposta di investimento, debba essere soggetta agli obblighi previsti dagli articoli 91 e successivi del TUF.
Di conseguenza, l'esercizio di tale attività senza le dovute autorizzazioni e requisiti legali costituisce un illecito, e coloro che promuovono o vendono criptovalute, anche tramite mezzi di comunicazione a distanza, sono soggetti al reato di esercizio abusivo di attività finanziaria.
Questo reato è punibile con una pena detentiva che va da uno a otto anni e una multa che varia tra quattromila e diecimila euro (articolo 166, comma 1, lett. c del D.Lgs. 58/1998).
Le caratteristiche delle criptovalute come forma di investimento finanziario sono richiamate dai giudici di legittimità, che fanno riferimento alla sentenza del Tribunale di Verona del 24 gennaio 2017. Secondo tale sentenza, l'acquisto di criptovalute su una piattaforma di scambio (exchange) presenta i tratti distintivi di un investimento finanziario, i quali includono:
Con la presenza di questi tre elementi: “la valuta virtuale deve essere considerata strumento di investimento perché consiste in un prodotto finanziario, per cui deve essere disciplinata con le norme in tema di intermediazione finanziaria (art. 94 e se. TUF)"
La Suprema Corte sottolinea l'importanza della tutela speciale per gli investimenti in criptovalute. Quando le criptovalute non vengono utilizzate per transazioni di beni o servizi, ma vengono acquistate con lo scopo di investimento, devono essere considerate a tutti gli effetti prodotti finanziari soggetti alla normativa di protezione degli investitori e dei mercati.
Questa normativa include gli obblighi relativi all'intermediazione finanziaria, in particolare per quanto riguarda il regime di offerta al pubblico disciplinato dal Testo Unico della Finanza (TUF), negli articoli 94 e seguenti.
Al di là dei dettagli tecnici, giuridici e della già dichiarata equiparazione delle criptovalute ai prodotti finanziari, dalla lettura dell’ordinanza in commento sembra emergere un chiaro orientamento dalla Corte.
Tale orientamento mira a far valutare ai giudici penali di merito l'offerta e la promozione delle criptovalute in Italia secondo le normative contro l'abusivismo finanziario.
In base a questa direzione giuridica, tutti i soggetti anche persone fisiche, sia italiani che stranieri, possono essere perseguibili penalmente se promuovono come investimento le criptovalute in Italia, senza rispettare la normativa a tutela degli investitori e del mercato finanziario italiano, oltre alle leggi contro il riciclaggio di denaro.
Il risparmio è una delle principali forme di accumulo di capitale che le persone adottano per garantirsi una certa stabilità economica nel futuro.
Tuttavia, in alcuni casi, può verificarsi la perdita definitiva del risparmio a causa di eventi imprevisti o di situazioni di frode o truffa. In questi casi, è possibile richiedere un risarcimento del danno permanente, che mira a compensare la perdita subita. In questo articolo, esamineremo le modalità di richiesta del risarcimento del danno permanente in caso di perdita definitiva del risparmio.
Innanzitutto, è importante sottolineare che il risarcimento del danno permanente è regolato dalla normativa vigente in materia di tutela dei consumatori e dei risparmiatori. In particolare, il Codice del Consumo prevede che il consumatore abbia diritto a un risarcimento in caso di danno permanente subito a causa di un prodotto o di un servizio difettoso. Questo diritto si applica anche nel caso di perdita definitiva del risparmio.
Per richiedere il risarcimento del danno permanente, è necessario presentare una denuncia presso le autorità competenti, come ad esempio l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato o l’Autorità di Vigilanza sui Mercati Finanziari. È importante fornire tutte le prove e i documenti necessari per dimostrare la perdita subita e l’entità del danno permanente.
Una volta presentata la denuncia, le autorità competenti avvieranno un’indagine per accertare la veridicità delle accuse e valutare l’entità del danno subito. Durante l’indagine, potrebbe essere richiesto al consumatore di fornire ulteriori prove o testimonianze a supporto della sua richiesta di risarcimento.
Una volta conclusa l’indagine, le autorità competenti emetteranno una decisione in merito al risarcimento del danno permanente. Questa decisione potrebbe prevedere il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento o altre forme di compensazione, come ad esempio la restituzione del capitale investito.
È importante sottolineare che il risarcimento del danno permanente può essere richiesto non solo nei confronti di istituti finanziari o società di investimento, ma anche nei confronti di singoli professionisti, come ad esempio consulenti finanziari o sportelli bancari, nel caso in cui la perdita del risparmio sia stata causata da una loro negligenza o da un comportamento scorretto.
È altresì importante sottolineare che il risarcimento del danno permanente può essere richiesto non solo in caso di perdita definitiva del risparmio, ma anche in caso di perdita parziale o temporanea. Tuttavia, è necessario dimostrare che la perdita subita è di natura permanente e che non è possibile recuperare il capitale investito.
In conclusione, il risarcimento del danno permanente in caso di perdita definitiva del risparmio è un diritto riconosciuto dalla normativa vigente. Per richiedere il risarcimento, è necessario presentare una denuncia presso le autorità competenti e fornire tutte le prove e i documenti necessari. Una volta conclusa l’indagine, le autorità emetteranno una decisione in merito al risarcimento del danno permanente.
Possiamo quindi dire che è fondamentale conoscere i propri diritti e agire tempestivamente per ottenere il giusto risarcimento del danno subito.
La tutela dei consumatori e dei risparmiatori è un aspetto di fondamentale importanza per garantire la fiducia nel sistema finanziario e la stabilità economica.
Fonte: Diritto.net - Link
A cura di: Studio Spinapolice & Partners
Arrivano esposti all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, l'antitrust, affinché indaghi sulle modalità con cui Intesa Sanpaolo ha comunicato il trasferimento di migliaia di clienti a Isybank, banca solo digitale che fa parte dello stesso gruppo, non ha filiali sul territorio e neanche l'internet banking da web: l'operatività viene gestita solo dall'applicazione mobile.
La comunicazione originale di Intesa Sanpaolo risale alla metà di luglio; i correntisti avevano tempo fino a settembre (in alcuni casi fino al 30 settembre) per contattare direttamente Intesa Sanpaolo e provare a impedire il passaggio, nel caso in cui non si fossero riconosciuti nell'identità di cliente "prevalentemente digitale": con cui Intesa Sanpaolo ha identificato le persone che non effettuano abitualmente operazioni in filiale, in pratica, e perciò ritenendole più adatte a un conto interamente digitale.
Queste persone saranno trasferite automaticamente a Isybank nei prossimi mesi, anche se potranno richiedere, in un secondo momento, di tornare in Intesa Sanpaolo, ma con un processo più complesso del trasferimento inverso iniziale.
L'avviso della modifica unilaterale del contratto è stata fornita da Intesa Sanpaolo secondo i canali preferiti dall'utente: significa che chi ha scelto l'email, ha ricevuto la comunicazione via email; chi invece ha preferito gli avvisi in app, ha ricevuto un avvertimento nell'applicazione, in mezzo però a tanti altri avvisi, spesso secondari, che vengono inseriti nello stesso archivio.
"Per quanto Intesa Sanpaolo abbia inviato l'informativa in base alle modalità che il correntista aveva scelto come canale preferenziale, chiediamo all'antitrust se per una comunicazione così rilevante, che non rientra certo tra i consueti avvisi che solitamente si ricevono, fosse sufficiente la modalità scelta dall'istituto bancario e se poteva valere il silenzio assenso, come se fosse una semplice modifica unilaterale del contratto", ha commentato Massimiliano Dona, presidente dell'Unione Nazionale Consumatori, che ha posto l'accento anche "sull'opportunità di trattare in questo modo migliaia di clienti".
Fonte: DDAY - Massimiliano Di Marco - Link
A cura di: Studio Spinapolice & Partners
Gli amministratori degli istituti di credito sono tenuti al risarcimento del danno nei confronti dei medesimi istituti di credito nei casi in cui abbiano concesso credito in violazione dei criteri di ordinaria diligenza dell’accorto banchiere, sia che essi abbiano partecipato attivamente alla conduzione dell’istruttoria delle relative pratiche sia, qualora non vi abbiano partecipato, mancando di approntare le opportune misure finalizzate ad impedire il verificarsi delle irregolarità.
Il principio è stato ribadito dalla recentissima ordinanza n. 26867 pronunciata dalla Corte di Cassazione lo scorso 20 settembre 2023, con la quale è stata definitivamente messa la parola “fine” ad un’estenuante vicenda giudiziaria (risalente addirittura al 2000), che vedeva contrapposti un istituto di credito ed i suoi (ex) amministratori e sindaci, nei confronti dei quali la banca aveva agito per sentire accertare e dichiarare la loro responsabilità per atti di mala gestio, con conseguente condanna al risarcimento del danno subito.
I primi due gradi di giudizio si concludevano con la condanna in solido tra loro dei convenuti a risarcire i danni cagionati alla banca, condanna peraltro confermata in sede di legittimità alla luce dell’ordinanza di rigetto in commento.
In particolare, nell’argomentare l’inammissibilità ed infondatezza di uno dei motivi di ricorso e confermare la condanna dei ricorrenti, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio già precedentemente espresso più volte, sul riconoscimento del nesso di causalità tra la condotta degli amministratori ed il danno, nonché sulla successiva quantificazione dello stesso pregiudizio. Secondo tale principio “gli amministratori di un istituto di credito, ove abbiano concesso credito in violazione dei criteri di ordinaria diligenza, sono tenuti al risarcimento del danno attuale arrecato al patrimonio della banca e consistente, in ragione della svalutazione del portafoglio crediti e dei costi di gestione finalizzati al rientro, nella riduzione delle sue capacità gestionali e di investimento, senza che sia, pertanto, necessario attendere l’esito infruttuoso delle azioni di cognizione e di esecuzione volte al recupero dei finanziamenti erogati”.
A tale riguardo, l’ordinanza in commento ha, altresì, precisato che gli amministratori di un istituto bancario, possono essere ritenuti responsabili, pur non avendo condotto personalmente l’istruttoria delle pratiche di erogazione del credito, qualora abbiano “adottato scelte o avallato deliberati in contrasto con le più elementari regole dell’accorto banchiere” nonché laddove abbiano omesso di adottare misure atte ad impedire le irregolarità delle operazioni che venivano perpetrate “nella piena consapevolezza in ordine alle gravi anomalie e ai pesanti deficit organizzativi dell’azienda”.
Infine, appurata la sussistenza del nesso di causalità, la Corte di Cassazione ha sostenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente quantificato in via equitativa il danno subito dalla banca nella somma corrispondente al credito complessivamente erogato dalla stessa, senza rispettare i criteri di economicità e prudenzialità che presiedono all’attività di erogazione del credito al pubblico.
Fonte: Ius letter - Link
A cura di: Studio Spinapolice & Partners
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