ANNO XII - &MAGAZINE - 

PRESUNTA TRUFFA FINANZIARIA IN BANCA PROGETTO: IL BROKER SAVIO NEGA TUTTE LE ACCUSE E SI DICE PRONTO A CHIARIRE

Brescia. Davanti al giudice, il broker Marco Savio ha respinto ogni accusa, dichiarandosi disponibile a chiarire le contestazioni che hanno portato al suo arresto nell'ambito di un'inchiesta su una presunta truffa finanziaria ai danni di Banca Progetto, che si è dichiarata parte lesa. Savio, fratello del pm antimafia Paolo Savio, estraneo ai fatti, ha affermato di voler collaborare per far luce sulla sua posizione.

L'indagine, condotta dalla Guardia di Finanza di Como e coordinata dalla Procura di Monza, coinvolge 28 indagati, tra cui dodici accusati di associazione per delinquere. L'inchiesta, avviata nel 2023, ha preso il via dopo una segnalazione di operazioni sospette che ha portato gli inquirenti a monitorare un capannone a Cinisello Balsamo, dove sarebbero stati filmati movimenti di denaro gestiti da Ernesto Cipolla, figura già nota alle autorità. Savio avrebbe operato come agente di riferimento per i prestiti, concessi principalmente da Banca Progetto e garantiti da Mediocredito Centrale.

Nel corso delle operazioni, la Guardia di Finanza ha sequestrato circa 13,8 milioni di euro, mentre la truffa contestata ammonterebbe a 6,7 milioni di euro nella sola provincia di Brescia. Tra le accuse figurano anche presunte manipolazioni delle aziende coinvolte per migliorarne l’apparente solidità prima delle verifiche bancarie: insegne nuove, macchinari, e persino operai assunti come figuranti avrebbero creato un’apparenza di attività operativa per ottenere finanziamenti. Il Fondo di garanzia gestito da Mediocredito Centrale avrebbe coperto l’80% delle somme erogate.

Per Savio, amministratore della Marfin Srl, sono stati disposti gli arresti domiciliari. Tra gli altri indagati figura anche Maurizio Ponzoni, ritenuto legato a cosche della ‘ndrangheta in Lombardia. Gli inquirenti sostengono che gli indagati avrebbero presentato documentazione ingannevole per ottenere i fondi, alterando il rating creditizio delle aziende e coinvolgendo così anche Mediocredito Centrale nella copertura dei prestiti.

Redazione &Magazine


BANCA CONDANNATA A RISARCIRE SOMME INDEBITAMENTE ADDEBITATE: SENTENZA DELLA CORTE D'APPELLO DI LECCE

La Corte d'Appello di Lecce ha confermato la sentenza di primo grado che obbliga una banca a restituire oltre 60.000 euro a un imprenditore della provincia di Brindisi per addebiti ingiustificati su un conto corrente con apertura di credito. La sentenza, datata 2024, ha riconosciuto pratiche irregolari come anatocismo trimestrale e commissioni di massimo scoperto senza adeguata giustificazione contrattuale. Oltre alla restituzione delle somme, la banca è stata condannata a pagare interessi e spese legali.

Questa pronuncia si aggiunge ad altre simili e rappresenta un importante precedente per le imprese, particolarmente in regioni come la Puglia, dove le piccole e medie aziende costituiscono il fulcro dell'economia locale. Secondo i dati della Banca d'Italia, oltre il 70% delle controversie bancarie nel paese riguarda addebiti non giustificati, evidenziando quanto sia cruciale per gli imprenditori monitorare i propri rapporti con gli istituti di credito.

La sentenza sottolinea l'importanza di un'azione legale tempestiva per recuperare somme illegittimamente addebitate, offrendo alle aziende un precedente concreto per difendersi da pratiche scorrette come interessi ultralegali o anatocismo. Essa stabilisce, inoltre, un principio di trasparenza fondamentale per le relazioni tra banche e clienti, chiarendo che gli addebiti devono essere supportati da pattuizioni contrattuali chiare e giustificabili.

In un contesto economico delicato, la decisione della Corte offre alle imprese uno strumento importante per ottenere giustizia e recuperare fondi indebitamente sottratti, garantendo trasparenza e correttezza nei rapporti con gli istituti finanziari.


SCANDALO CONSULENZE IN REGIONE LOMBARDIA: INDAGINE SU ERNST & YOUNG PER APPALTI IRREGOLARI

La Guardia di Finanza ha avviato una serie di perquisizioni nelle sedi di Ernst & Young (E&Y) e negli uffici della Regione Lombardia, nell’ambito di un’inchiesta sulla presunta irregolarità di 12 appalti pubblici assegnati tra il 2019 e il 2023. Coordinata dalla Procura europea (EPPO), l'indagine riguarda gare per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro, finanziate dal Fondo Sociale Europeo (FSE) e dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), con l'obiettivo di fornire servizi di consulenza per l'uso efficace dei fondi UE.

Secondo gli inquirenti, i bandi sotto esame presenterebbero anomalie, tra cui requisiti tecnici alterati e dichiarazioni non veritiere, che avrebbero permesso a E&Y di vincere sistematicamente gli appalti. Tra le accuse principali, emerge che il team di consulenti sarebbe stato proposto ripetutamente per diverse gare, causando sovrapposizioni di incarichi e gonfiando il numero di ore di lavoro dichiarate ("man-days") rispetto a quanto realisticamente realizzabile. In altre parole, i dipendenti di E&Y, tra cui tre manager e altre figure di rilievo, avrebbero manipolato i requisiti tecnici per ottenere vantaggi sleali nelle procedure di assegnazione.

Le indagini hanno portato le Fiamme Gialle a perquisire non solo le sedi milanesi e romane della società di consulenza, ma anche gli uffici della Direzione Centrale Bilancio e Finanza a Palazzo Lombardia, con l'obiettivo di raccogliere documenti che possano chiarire l'eventuale complicità di funzionari regionali. Al momento, però, non ci sono funzionari della Regione indagati e l'ente si dichiara parte lesa.

La reazione della Regione e la posizione di Fontana Il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha assicurato la piena collaborazione con le autorità, dichiarando che la Regione esaminerà attentamente la questione prima di trarre conclusioni. "I nostri uffici stanno collaborando", ha sottolineato Fontana, ribadendo che è fondamentale verificare ogni dettaglio e procedere con trasparenza.

Tuttavia, l'opposizione regionale, guidata dal Partito Democratico (PD), ha espresso preoccupazione per l'uso improprio dei fondi UE e ha chiesto chiarezza sull'accaduto. I consiglieri Pierfrancesco Majorino e Pietro Bussolati hanno sollecitato Fontana a fornire spiegazioni pubbliche: "Il quadro che emerge è grave e richiede risposte immediate. Non è accettabile che fondi destinati a promuovere inclusione e sviluppo siano utilizzati in modo non trasparente."

Il ruolo della Procura Europea e la natura delle accuse L'inchiesta è condotta dall’EPPO, l’organo indipendente dell’UE incaricato di indagare su frodi e crimini che coinvolgono fondi europei. Secondo una nota ufficiale, le anomalie riscontrate in 12 delle 18 gare assegnate a E&Y dal 2019 riguardano proprio i progetti finanziati per migliorare l’efficienza nell’utilizzo dei fondi comunitari. I sospetti si concentrano sulla gestione della Fully Diluted Valuation (FDV) e la sovrapposizione di incarichi, due fattori che avrebbero permesso a E&Y di aggiudicarsi gare in maniera sleale, presentando dati tecnici alterati e non veritieri. L'inchiesta cercherà di determinare se vi sia stato un comportamento scorretto da parte della società o dei dipendenti coinvolti, e se ci siano state responsabilità anche da parte di funzionari pubblici.

Un sistema sotto inchiesta Questa vicenda getta ombre sull’assegnazione di appalti pubblici e sulla gestione dei fondi europei in Italia, evidenziando la necessità di maggiore trasparenza e controllo. La Procura Europea intende proseguire le indagini per chiarire eventuali responsabilità e accertare se i fondi dell'UE siano stati effettivamente utilizzati per scopi consoni e in linea con le normative vigenti. Le conseguenze legali per i dipendenti di E&Y coinvolti potrebbero essere significative, così come per l’immagine della società, uno dei colossi mondiali della consulenza legale e fiscale.


ACCERTAMENTO CONTABILE DEL SALDO DI CONTO CORRENTE: RIMESSIONE IN ISTRUTTORIA E CLAUSOLE NULLE

Nel giudizio esaminato dal Tribunale di Lanciano il 4 ottobre 2024 (Est. Nappi), un correntista ha chiesto l’accertamento della nullità di alcune clausole del contratto di conto corrente, in particolare quelle anatocistiche e relative alla commissione di massimo scoperto. Il Tribunale ha disposto una CTU (Consulenza Tecnica d’Ufficio) contabile per determinare l’effettivo saldo di conto, depurato dalle clausole illegittime.

Il correntista ha il diritto di richiedere tale accertamento anche prima della chiusura del conto, per evitare future annotazioni illegittime e ottenere una rettifica del saldo che potrebbe influenzare l’importo dovuto alla banca. Questo diritto consente anche di ripristinare una maggiore disponibilità di credito entro i limiti del fido concesso.

Nullità della Commissione di Massimo Scoperto: Una delle questioni centrali riguarda la nullità della clausola che stabilisce la commissione di massimo scoperto. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19825/2022, ha stabilito che tale clausola deve essere considerata nulla se si limita a indicare una percentuale senza chiarire le modalità di calcolo, rendendo impossibile per il correntista comprendere quando e come maturerà l’obbligo di pagare tale commissione.

Usura Sopravvenuta: Il Tribunale di Lanciano ha inoltre affrontato il tema dell’usura sopravvenuta, facendo riferimento all’usurarietà oggettiva delle pattuizioni bancarie antecedenti al 24 marzo 1996 o derivante dalla successiva riduzione del tasso soglia. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, nella sentenza n. 24675/2017, ha chiarito che la qualificazione di usurarietà deve essere valutata al momento della stipula del contratto. Tuttavia, la richiesta di interessi usurari successivamente può violare il principio di buona fede nell'esecuzione del contratto.

Applicazione di Condizioni Usurarie: Nel caso specifico, il Tribunale ha evidenziato che anche le modifiche contrattuali che comportano un peggioramento delle condizioni per il cliente (variazioni in peius) devono essere regolarmente pattuite. L’applicazione unilaterale di condizioni usurarie da parte della banca, senza una chiara pattuizione o senza rispettare le norme sullo ius variandi, non può risultare in un vantaggio per l'istituto bancario. Se tali modifiche risultano inefficaci, la banca non può beneficiare dell’applicazione di tassi usurari non concordati preventivamente.

In sintesi, la sentenza del Tribunale di Lanciano sottolinea l’importanza di un’attenta verifica dei rapporti di conto corrente, confermando che la nullità delle clausole contrattuali e l’eventuale applicazione di interessi usurari devono essere attentamente valutate tramite una CTU contabile.


USURA SOPRAVVENUTA NEI CONTI CORRENTI: LA CORTE DI CASSAZIONE E L'ONERE DELLA PROVA

La Prima Sezione della Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. I, 3 luglio 2024, n. 18227) ha esaminato una controversia riguardante l’usura sopravvenuta in un contratto di conto corrente assistito da un'apertura di credito, richiesto da una società e dal suo garante, entrambi in causa contro un istituto bancario. La causa riguardava, tra le altre questioni, la verifica della legittimità delle clausole contrattuali e la restituzione delle somme indebitamente percepite.

Nel contesto del giudizio, la società ricorrente ha sostenuto la nullità delle clausole contrattuali, ritenendole in contrasto con la normativa in vigore. La sua tesi era che gli addebiti bancari non fossero adeguatamente giustificati da un valido contratto scritto, e che l’onere della prova dovesse ricadere sulla banca, in quanto ente creditizio. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto questa interpretazione, chiarendo che, trattandosi di un contratto concluso per iscritto, è il cliente che agisce per la restituzione delle somme a dover dimostrare l'assenza di una causa giustificativa per i pagamenti effettuati. Non è stato quindi accettato il tentativo di spostare l’onere della prova sulla banca, poiché il principio della vicinanza della prova non si applica in questa situazione.

In relazione all’art. 119 del Testo Unico Bancario, la Corte ha sottolineato che il diritto del cliente a ricevere copia della documentazione contabile relativa alle operazioni bancarie è limitato alle sole operazioni degli ultimi dieci anni. Al di fuori di questo periodo, l’onere di conservazione della documentazione incombe su tutte le parti coinvolte, compresa la parte che agisce in giudizio. La Corte ha inoltre ribadito che l'ordine di esibizione dei documenti non può essere utilizzato per supplire alla mancanza di prove da parte del cliente, trattandosi di uno strumento istruttorio di carattere residuale.

Uno degli aspetti più significativi della sentenza è legato alla questione dell’usura. La società ricorrente aveva lamentato che il tasso effettivo globale (TEG) applicato nel rapporto di conto corrente avesse superato la soglia di usura stabilita dalla normativa in vigore. Tuttavia, la Corte ha escluso l’usura sopravvenuta, spiegando che la modifica del tasso d’interesse, comunicata dalla banca e non contestata dal cliente, costituiva una nuova volontà negoziale, conformemente a quanto previsto dall’art. 118, comma 2, del T.U.B. In tal senso, il superamento del tasso soglia si sarebbe verificato solo in presenza di una nuova contrattazione espressa o tacita tra le parti, che nel caso in esame non è stata riscontrata.

Infine, la Cassazione ha respinto anche il quarto motivo del ricorso, relativo alla presunta contraddittorietà della motivazione della sentenza di secondo grado. Il ricorrente aveva sostenuto che la consulenza tecnica d'ufficio (CTU) non avesse seguito le indicazioni fornite dalle istruzioni della Banca d’Italia per il calcolo del tasso soglia, ma la Corte ha considerato questa motivazione come infondata, confermando la legittimità dell’operato dei giudici di merito.

In conclusione, la decisione della Corte ha chiarito che non vi è stata alcuna violazione delle norme in materia di usura sopravvenuta e ha ribadito l’importanza del corretto assolvimento dell’onere della prova da parte del cliente che intenda contestare le condizioni di un rapporto bancario. Questa sentenza, pertanto, rafforza l'interpretazione secondo cui la modifica unilaterale delle condizioni contrattuali da parte della banca, accettata tacitamente dal cliente, non può essere successivamente impugnata per usura sopravvenuta se non si dimostra che tali modifiche abbiano violato le norme vigenti.


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