L’ordinanza n. 10333/2018 della Corte di Cassazione rischia di essere una vera e propria mina pronta ad esplodere per il sistema assicurativo italiano. Le polizze vita, infatti, rappresentano uno dei prodotti di punta del business complessivo delle compagnie assicurative: oltre 100 miliardi di euro annui i premi pagati nel ramo vita, contro i “soli” 30 miliardi annui del ramo danni.
Le polizze vita sono da ritenersi tali solo se garantiscono la restituzione del capitale impiegato, diversamente sono considerati contratti di investimento ordinari.
In sostanza, il confine tra le due tipologie contrattuali è delineato dal cosiddetto “rischio di performance”. In caso di polizza vita il rischio avente ad oggetto un evento riguardante l’assicurato è assunto dall’assicuratore, mentre nei contratti di investimento il rischio (di performance, appunto) è interamente a carico dell’assicurato.
Sebbene il tema annoso della differenza tra polizze assicurative e contratti di investimento non sia nuovo per la Suprema Corte, questa ultima decisione fa anche un’importante precisazione sui contratti perfezionati attraverso società fiduciarie. In sostanza, se manca o viene a mancare la garanzia di conservazione del capitale e di restituzione dello stesso alla scadenza, il prodotto deve essere considerato e, quindi, trattato come un investimento finanziario. Ne consegue, pertanto, che tale inquadramento implica importanti differenze anche dal punto di vista delle comunicazioni: l’intermediario finanziario è sempre obbligato a fornire, anche tramite la fiduciaria, le informazioni adeguate sulle operazioni, modalità, rischi, ecc., come previsto dal Regolamento Consob n. 11522 del 1998 e comunicazioni successive. Nel caso specifico, la Corte ha accertato il mancato assolvimento degli obblighi informativi e di comportamento rispetto ad una operazione finanziaria non adeguata, con riferimento alla persona fisica dell’investitore (assicurato) e non alla società fiduciaria.
Poiché, come noto, l’esatta identificazione di polizza assicurativa rispetto a contratto di investimento comporta un diverso trattamento fiscale e successorio, questa pronuncia della Cassazione viene così a ribadire ed attualizzare anche il principio inerente il regime fiscale. Non solo, dal riconoscimento della natura finanziaria della polizza potrebbe anche derivare l’inapplicabilità dell’art. 1923 c.c. (impignorabilità).
Il rischio per le Compagnie di Assicurazione, in carenza della garanzia di conservazione del capitale alla scadenza, che il contratto sia considerato a tutti gli effetti un investimento finanziario potrebbe sostanzialmente bloccare le polizze di ramo III (index e unit lindek) e avere rilevanti conseguenze fiscali. Si pensi alla tassazione sulle plusvalenze (prevista a fine contratto e non annualmente) e alla tasse di successione (da cui le polizze vita sono esentate).
L’ANIA (Associazione Nazionale Imprese Assicuratrici) è prontamente intervenuta con un Comunicato Stampa tranquillizzante del Presidente Maria Bianca Farina:
“La Sentenza della Corte di Cassazione non prende posizione sulla qualificazione dei contratti assicurativi sulla vita, ma si riferisce a un caso specifico, caratterizzato dal ruolo assunto da una società fiduciaria. Il caso oggetto del giudizio riguarda, in particolare, errori di trasparenza e di comportamento relativi a un singolo prodotto, commercializzato nel 2006. …non si rilevano nella pronuncia della Suprema Corte conclusioni che mettano in dubbio la connotazione di prodotto assicurativo con riferimento alle polizze con contenuto finanziario, che peraltro già allora risultavano soggette a precisi obblighi di trasparenza e regole di condotta….da sempre, del resto, le normative italiana ed europea identificano come prodotti assicurativi sulla vita polizze con caratteristiche specifiche, indipendentemente dalla garanzia di restituzione del capitale. Le polizze sulla vita sono contraddistinte da garanzie di tipo finanziario e demografico, cioè legate alla vita dell’assicurato. Pertanto, nessun dubbio può essere espresso sulla natura assicurativa di questi prodotti.”
A cura di: Studio Spinapolice & Partners