ANNO XII - &MAGAZINE - 

2025, GForex: i conti segreti e la confusione patrimoniale che hanno tradito i risparmiatori

2025, GForex: i conti segreti e la confusione patrimoniale che hanno tradito i risparmiatori

Intervista a Salvatore Inicorbaf, capo dell’Ufficio Analisi Forensi e Relazioni Peritali dello Studio Spinapolice & Partners

Nel caso GForex non è stato sufficiente dimostrare che i soldi dei risparmiatori si perdevano in un unico conto. Il vero nodo era capire come e perché due grandi istituti avessero accettato di confezionare, insieme a una semplice finanziaria, un prodotto vietato dalla legge. Da un lato, il modello “IBS-style” con procacciatori e conti aperti ai clienti; dall’altro, il famigerato “conto calderone”, un conto terzi vietato, dove tutte le somme confluivano in confusione patrimoniale. A ricostruire questa architettura è stato l’Ufficio Analisi Forensi e Relazioni Peritali dello Studio Spinapolice & Partners, guidato da Salvatore Inicorbaf.

Intervista

D. Inicorbaf, da dove siete partiti davvero?

R. Dalle incongruenze. Non dal “conto unico” — quello è emerso subito — ma da ciò che lo rendeva giuridicamente rilevante: chi lo aveva predisposto, perché e con quali deleghe. Abbiamo incrociato modulistica di apertura, disposizioni di giroconto e tracciati bancari, pezzi che separati non dicono tutto, ma insieme mostrano un disegno operativo unitario.

D. Parla di due piste bancarie. Che cosa le distingue?

R. La prima ricalcava il caso IBS Forex: una finanziaria che, come GForex, operava con autorizzazione ex art. 106 TUB, ma con l’ambizione di confezionare prodotti finanziari e gestire patrimoni che le erano preclusi. Procacciatori porta a porta, conti aperti “sul divano” del cliente, deleghe che svuotavano la disponibilità del risparmiatore e giroconti verso l’operatore. La seconda era il cosiddetto “conto calderone”, un conto terzi, o cassa comune — vietato — in cui le somme di tutti confluivano in confusione patrimoniale. L’anomalia non era solo contabile, ma di prodotto. Insieme all’Istituto si è costruita un’offerta finanziaria che, per natura e modalità, era proibita tanto a GForex quanto alla banca, in assenza di specifica autorizzazione.

D. Qual è stato, allora, il vero punto di svolta dell’indagine?

R. Il punto decisivo è stato tipizzare il prodotto per ciò che era davvero, non per come veniva etichettato. Non si trattava di “intermediazione in cambi”, ma di una gestione di fatto con operazioni in strumenti vietati al soggetto proponente, progettate e rese eseguibili con il coinvolgimento dell’istituto. Per dimostrarlo è stata necessaria una cronologia puntuale — quando nasce il prodotto, come viene eseguito, con quali canali e firme — e il collegamento funzionale tra bancarizzazione, racconto commerciale e flussi esteri.

D. Quali sono gli illeciti che avete messo in fila, senza entrare nel segreto del mestiere?

R. Il quadro che abbiamo trovato era molto ampio. C’era un abusivismo finanziario evidente, con attività che avrebbero dovuto essere riservate a soggetti autorizzati e che invece venivano presentate come semplici operazioni di cambio. In realtà si trattava di un prodotto costruito insieme alla banca e vietato dalla legge. La gestione dei conti non era meno grave. Il cosiddetto “conto calderone” raccoglieva tutte le somme dei clienti, le deleghe svuotavano la disponibilità dei risparmiatori e non esisteva alcuna segregazione delle somme. Anche sul fronte della vigilanza e dell’antiriciclaggio le falle erano clamorose, con movimenti anomali mai intercettati, controlli superficiali e segnalazioni tardive. Infine c’era il tema della correttezza verso i clienti, che non venivano realmente profilati e ricevevano rendiconti fuorvianti. Basterebbe questo per capire la portata del fenomeno, ed è ciò che ha convinto i giudici a parlare di un sistema e non di semplici errori.

D. Cosa è stato davvero difficile provare, al di là del “conto unico”?

R. La vera sfida è stata ricostruire la catena causale, capire chi ha reso possibile che cosa, in quale momento e con quali strumenti. Non bastava dire che i soldi si mescolavano, bisognava dimostrare che quel mescolamento era parte integrante di un prodotto vietato e co-gestito con la banca. Per arrivarci abbiamo lavorato su tre fronti. Sul piano documentale abbiamo esaminato atti, modulistica e disposizioni. Sul piano contabile abbiamo seguito tracciati e riconciliazioni. Sul piano comportamentale abbiamo analizzato i pattern ricorrenti di apertura, incasso e trasferimento. È stato questo lavoro incrociato a far cadere definitivamente l’alibi dell’inconsapevolezza.

D. Le banche potevano non accorgersene?

R. È escluso. Parliamo di flussi ingenti che passavano su canali predisposti dagli stessi istituti e ripetuti sempre con la medesima dinamica. Uno dei due istituti è arrivato persino a confezionare un conto terzi illegale per raccogliere i capitali rastrellati dai procacciatori della finanziaria. Non si tratta solo di mancata vigilanza, ma di un vero e proprio intervento attivo della banca nella costruzione di un prodotto finanziario, nel caso specifico un derivato vietatissimo dalla legge. Per di più, quel prodotto avrebbe richiesto una copertura autorizzativa che non esisteva e che non avrebbe mai potuto essere concessa, perché nessuna autorità avrebbe autorizzato una banca a fungere da depositaria di una semplice finanziaria. Non è un dettaglio formale, è sostanza. Nel caso dell’altro istituto coinvolto, invece, è emerso un fatto altrettanto grave: ha consentito ai procacciatori di aprire conti correnti fuori sede, una pratica che rappresenta un illecito abnorme per il nostro ordinamento.

D. In concreto, che cosa cambia oggi per i risparmiatori GForex?

R. La differenza oggi è che non parliamo più di un contenzioso fatto di carte bollate, ma di risorse che tornano davvero nelle mani dei malcapitati investitori. I giudici hanno recepito le nostre ricostruzioni e i rimborsi sono già in corso, comprensivi di interessi e rivalutazione. Altre azioni collettive stanno maturando lungo lo stesso tracciato. Chi sceglie di aderire ora alle nuove iniziative che stiamo predisponendo non entra in un territorio incerto, ma in un cammino già aperto, dove un’ingiustizia si è finalmente trasformata in ristoro concreto.


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