ANNO XII - &MAGAZINE - 

BPB condannata a risarcire cliente azionista.

A seguito della sentenza del Tribunale di Brindisi (giudice Francesco Giliberti) del 10 marzo 2023, che annunciava la risoluzione del contratto di acquisto delle azioni della Banca Popolare di Bari, quest'ultima è stata successivamente condannata al pagamento in favore dei depositanti che avevano investito il loro denaro in questi titoli.

Tra l'altro, risparmi per danni ricevuti in incidenti gravi, i cui postumi fisici sono purtroppo parzialmente permanenti nei risparmiatori. Nei mesi di dicembre 2014 e giugno 2015 il depositante ha acquistato dalla Banca Popolare di Bari, di cui era cliente da anni, le medesime azioni che, secondo il depositante in giudizio, erano al sicuro da un titolo senza capitale a rischio.

Solo successivamente, dopo i noti fatti di cronaca negli istituti di credito pugliesi, il risparmiatore si rese conto della natura, dei rischi e dei pericoli degli investimenti effettuati e, di conseguenza, il valore delle sue partecipazioni era praticamente nullo. I tentativi di risolvere amichevolmente la vertenza sono stati vani e nel 2019 i soccorritori, assistiti dall'avvocato Emilio Graziuso, hanno portato avanti il ​​processo, che si è concluso con sentenza il 10 marzo 2023.

Pertanto, il Tribunale di Brindisi ha riconosciuto la violazione da parte della banca intermediaria delle norme di settore, in particolare degli obblighi informativi da essa assunti, e ha successivamente dichiarato la risoluzione del contratto e dei diritti in favore dei consumatori, chiedendo un risarcimento danni pari all'intero importo dell'investimento Oro, EUR 25.819,05, più interessi alle date di investimento. I giudizi non sono isolati.

Dal 2021 il tribunale e il magistrato di Brindisi hanno emesso pressoché innumerevoli sentenze e ordinanze, ed è stata accolta l'azione legale promossa dalla depositante Banca Popolare di Bari. Da ultimo, in data 3 febbraio 2023, il Tribunale (Roberta Mara) ha emesso un'ordinanza di condanna della Banca Popolare di Bari al pagamento di euro 50.025 oltre interessi a parte correlata della “Dalla Parte del Consumatore”.

 

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BPB: Ostacolo alla Vigilanza e falso in bilancio.

I clienti azionisti di BPB si costituiranno parti civili nel procedimento penale.

Con le accuse di falso in bilancio per gli anni 2016, 2017 e 2018, ostacolo alla vigilanza della Consob e di Bankitalia, estorsione e lesioni personali ai danni di un manager e aggiotaggio bancario ai danni degli azionisti della banca, la Procura di Bari ha emesso avvisi di conclusione delle indagini preliminari nei confronti degli ex vertici della Banca popolare di Bari (BpB), commissariata dalla Banca d’Italia nel dicembre 2019.

L’atto di chiusura delle indagini, che solitamente precede la richiesta di rinvio a giudizio, viene notificato a Marco e Gianluca Jacobini, padre e figlio, rispettivamente ex presidente ed ex vice dg della Bpb, a Vincenzo De Bustis Figarola, ex dg ed ex Ad della banca, Giorgio Papa, ex Ad, Roberto Pirola, ex presidente del collegio sindacale, e agli ex dirigenti Elia Circelli, Giuseppe Marella, Gregorio Monachino, Nicola Loperfido e Benedetto Maggi.

L’ammontare delle false comunicazioni sociali è stimato in diverse centinaia di milioni di euro. Le accuse sono contenute in 23 capi d’imputazione nei quali gli indagati, a vario titolo, sono accusati, sia attraverso i falsi in bilancio sia nelle comunicazioni alla clientela, di aver minato la stabilità patrimoniale e la capacità di essere solvibile della banca, di aver alterato la percezione della solidità bancaria, quindi la fiducia dei risparmiatori che avevano affidato alla Bpb i risparmi in gestione fiduciaria.

I reati contestati fanno riferimento al periodo compreso tra il 2013 e il 2019. Con questo terzo processo aumenteranno le possibilità di risarcimento per i risparmiatori, soprattutto alla luce del fatto che in uno dei procedimenti in corso la Banca era stata esclusa quale responsabile civile. E’ evidente che serve anche una soluzione sul piano politico per aiutare i risparmiatori traditi, soprattutto quelli meno abbienti e più in difficoltà economiche.

 

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Il caso di Banca Popolare di Bari

La nostra rivista si è spesso occupata, nei mesi scorsi, delle vicende della banca pugliese, finita più volte sotto i riflettori per diversi motivi. Il fatto più grave, soprattutto per i piccoli azionisti dell’istituto, è che il valore delle azioni non  solo è crollato di oltre il 70% in tre anni, ma i titoli sono di fatto invendibili. Questo anche grazie al fatto che la Popolare di Bari non è ancora quotata in borsa e, proprio su questo, pende un procedimento dinanzi alla Corte Europea.

Abbiamo, quindi, deciso di contattare qualche cliente/azionista per approfondire la questione. La persona da noi intervistata oggi ha chiesto di mantenere l’anonimato. Pertanto, riportiamo a seguito domande e risposte, omettendo i dati della persona che si è resa disponibile a condividere la sua esperienza con i nostri lettori.

 

Quando è iniziato il suo rapporto con la Banca Popolare di Bari?

Ho una piccola attività commerciale, creata da mio padre quando io ero ancora un bambino. Da qualche anno avevo aperto un conto corrente presso l’agenzia di zona della Popolare di Bari, peraltro per me molto comoda perché assai vicino al mio negozio.

Com’erano i suoi rapporti con il personale dell’Agenzia?

Ottimi. Mi recavo personalmente allo sportello almeno tre volte alla settimana. Noi non abbiamo una segretaria adibita a queste mansioni. Abbiamo sempre portato avanti tutto da soli, mia moglie ed io. Dopo anni di collaborazione, con i dipendenti della banca c’è un rapporto molto cordiale, quasi confidenziale.

Come e quando decide di fare il “grande passo” e investire sulla “sua” banca?

L’anno era il 2013.  Avevo bisogno di un nuovo macchinario per  migliorare e potenziare la nostra attività così decisi di chiedere un fido. Ne parlai in banca, presentai bilanci e quant’altro richiestomi e compilai tutti i moduli necessari, inclusa una fidejussione personale, a firmare la quale non avevo problemi, essendo io stesso a controllare la mia attività e credendo fortemente nel mio nuovo progetto di espansione.

Quindi, lei ha chiesto un prestito per la sua attività?

Si, avevo un “gruzzoletto” da parte, ma volevo che la mia piccola attività camminasse con le sue “gambe”, ne aveva tutte le potenzialità. In banca ero conosciuto da anni e contavo sul rapporto fiduciario che si era costituito, grazie anche alla mia affidabilità di correntista preciso, che non aveva mai creato un problema.

Ottenne il prestito richiesto, infine?

Mi dissero che non ci sarebbero stati problemi ad ottenere il fido richiesto, stante le mie credenziali personali e aziendali, ma purtroppo non essendo socio non mi era possibile accedere al credito.

Quindi, se ho ben compreso, la politica della banca era di concedere credito solo ai soci. Esatto?

Si. Ma aggiunsero che acquistando azioni della banca sarei divenuto socio. Anzi, mi consigliarono di farlo perché, essendo l’istituto in  forte crescita, avrei potuto ottenere rendimenti molto interessanti. Tanto che loro stessi, il cassiere e l’altra impiegata con cui ero più in confidenza, mi dissero di avere acquistato loro stessi delle azioni, certi della bontà dell’investimento.

Le spiegarono i rischi che avrebbe corso? Le mostrarono i prospetti informativi, fornendole tutte le informazioni del caso?

No, nulla. Mi dissero che non c’erano rischi, perché la banca era in crescita e mi invogliarono col fatto che anche loro avevano fatto lo stesso investimento che stavano proponendo a me. Chi meglio di loro poteva sapere? Io non mi intendo di finanza, tanto che ancora adesso non ho capito bene cosa sia successo…Sta di fatto che, un bel giorno, tornai a casa, ne parlai con mia moglie e decidemmo di acquistare 30.000,00 euro di azioni. Ci sembrava un’ottima opportunità, consigliata da persone “amiche” ed esperte. Inoltre, avremmo potuto ottenere il fido di 50.000,00 euro che ci serviva per ampliare la nostra attività.

Quando ha capito che qualcosa non andava?

A fine 2016 dissi al cassiere che volevo vendere le azioni e ritirare i miei soldi, così avremmo potuto aiutare nostro figlio ad acquistare la sua prima casa. Da allora vivo una specie di incubo…il mondo mi è crollato addosso. Quei soldi erano tutto ciò che eravamo riusciti ad accantonare, dopo anni di grandi sacrifici…Improvvisamente venivo a sapere che, non solo quei 30.000,00 euro valevano meno di 10.000,00, ma che neanche avrei potuto averli,  in quanto le azioni erano praticamente invendibili…

Un’amara scoperta…lei sa, però, che ci sono studi di consulenza che analizzano questioni come la sua e spesso riescono ad ottenere risarcimenti a favori dei clienti truffati?

L’ho appreso solo quando mi avete contattato voi per questa intervista. Come le dicevo, non ci capisco nulla di finanza, credevo di aver fatto una cosa buona e invece…mi vergogno anche un po’ per esserci cascato, alla mia età…quindi non ne ho parlato con molte persone.

Nei mesi scorsi sono stati accolti diversi ricorsi all’ACF (Arbitro per le Controversie Finanziarie) e anche i primi giudizi da parte di alcuni Tribunali lasciano ben sperare che si possa finalmente fare giustizia su una questione che ha colpito tanti piccoli risparmiatori, mentre i grandi speculavano alle loro spalle.

 

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Banca Popolare di Bari: Chi risarcirà gli investitori?

Perché gli sportelli bancari ‘periferici’ non crollano? Parliamo di istituti di credito locali, quelli che hanno un raggio d’azione limitato ma esteso. E sì, nei tempi della globalizzazione e dei diktat della Banca europea che sollecita mal di pancia a popolo e incoraggia il fosforo dei movimenti populisti, il concetto del g-locale fatica a estinguersi e gli istituti di credito a carattere territoriale resistono.

E sono la fortuna (o il tesoretto, dato il tema) di istituzioni pubbliche, imprese private e piccoli risparmiatori che continuano a credere che il presente e il futuro sono rappresentati nei luoghi in cui sono nati e vivono. Ma anche le isole felici possono essere investite da tsunami giudiziari che minano ‘il buon nome della banca’ e che polverizzano i risparmi degli investitori. Quelli piccoli, chiaramente.

Ma andiamo con ordine e focalizziamo l’attenzione su uno degli ultimi eclatanti casi. Sul finire dell’estate è esploso il caso della Banca Popolare di Bari, il più grande istituto di credito del Mezzogiorno, finito sotto il mirino della Procura pugliese che ha visto poco trasparenti atti che avrebbero dovuto garantire lunga vita a uno sportello creditizio che conta sull’apporto di 70mila soci e che dà lavoro a 3.500 dipendenti.

Così sotto la lente degli inquirenti della polizia tributaria barese sono finiti documenti che attesterebbero prestiti anomali, bilanci in costante color rosso e una gestione che avrebbe favorito alcuni investitori rispetto ad altri. Le indagini sono scattate in seguito alle confidenze di una gola profonda, vale a dire di un ex funzionario allontanato dai vertici dopo che questo aveva scoperto una gestione irregolare nel periodo 2013-16 (quando la BpB acquisì la TerCas, la Cassa di risparmio di Teramo…), tant’è che l’accusa del procuratore Roberto Rossi è di quelle da brividi: associazione per delinquere, false dichiarazioni e truffa.

Ma d’altro canto è possibile far ‘fallire’ un’azienda che ha quei numeri e che in caso di crac certificato e sentenziato genererebbe con un effetto domino non difficile da immaginare il crac di un’intera regione? È quello che si sono chiesti con vigore i veri danneggiati, cioè gli azionisti della BpB, che hanno sollecitato un intervento risolutorio da parte del Comune di Bari e della Regione Puglia, il cui governatore è stato anche sindaco del capoluogo, Emiliano. Ma chi sono i piccoli azionisti che si sono riuniti per iniziative volte a tutelare i propri danari? Pensionati, perlopiù. Che ora hanno davanti la (lenta) strada del risarcimento danni e restituzione della somma investita. Adiconsum e Codacons invitano ad attendere il termine delle indagini da parte della magistratura barese. Ma intanto la rabbia e la frustrazione mista ad amarezza cresce. Al pari dell’attesa di un’altra parte territoriale d’Italia che si sente ‘‘beffata’ dagli sportelli bancari.

 

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